La trippa è una parte del maiale collegato all’apparato digerente dei bovini. In questo blog è ovviamente presente la trippa alla romana con pomodoro e peperoncino.
La trippa, nasce come piatto povero di grassi, ma non per questo meno saporito, ed economico (ossia meno pregiato).
Prima tratteremo come cucinarla perché questo è un blog di cucina. Poi parleremo del resto.
Cuciniamo la trippa
Anzitutto abbatto un minimo smontando una diceria sulla trippa. Si tratta infatti di una parte assolutamente magra; 100 grammi contengono 105 calorie, con il 15% di proteine e soltanto il 4% di grassi
Le parti che usiamo nelle ricette sono 3 sono tre: reticolo, rumine ed omaso. Con l’abomaso invece, come ho detto su, si fa il lampredotto.
Ovviamente i poveri sono dappertutto, ed in ogni regione hanno è stata elaborata una ricetta che fa uso di questa parte del bovino. Se cercate su Google la trovate alla napoletana, alla milanese, alla ligure, alla romana, alla siciliana…; ci sono un sacco di varianti regionali. Noi facciamo ricette romane e quindi faremo la trippa alla romana, con pomodori romani, pecorino romano e menta romana.
In questo video interessante ho trovato come si pulisce la trippa. Non vi preoccupate comunque se non sapete farlo. Al supermarket ve la danno bella e pronta, sgrassata e, spesso, anche tagliata in pezzi. Potrebbe inoltre essere stata precotta, (cosa che farebbe diminuire drasticamente il tempo di cottura necessario) anzi, lo è praticamente nel 100% dei casi; lo fanno per non farla durare troppo poco. In quest’ultimo caso non emetterebbe acqua in fase di cottura e renderebbe necessaria, se si dovesse seccare troppo, l’aggiunta di acqua o di brodo bollente. La trippa precotta si distingue dal colore; è bianca che pare che l’hanno passata in lavatrice. Quella cruda è invece più scura.
Il trucco della nonna
La trippa potrebbe diffondere per la casa un odore che vi può dare fastidio. Per evitarlo, aggiungete mezzo limone in fase di cottura.
Giovedì gnocchi, venerdì pesce, sabato trippa.
Ma sapete il perché di questo detto romano?
A Roma ci sta la Chiesa, e tutta l’attività del popolo è da questa regolata. Tutto parte dalla domenica…di Pasqua, ma estesa a tutte le altre domeniche dell’anno. La tradizione cattolica vuole che la domenica, per festeggiare la resurrezione di Nostro Signore, si banchetti con il cibo migliore. Il cibo migliore era, tradizionalmente la carne, che doveva essere la più fresca possibile. Quindi, le bestie venivano macellate il sabato per arrivare sulla tavola dell’aristocratico la domenica. A lui andavano le parti migliori, al popolo restavano quelle scadenti; e quindi il famoso quinto quarto, ossia lo stomaco, le frattaglie e la trippa appunto. Ecco quindi nascere le ricette della trippa alla romana e dei rigatoni con la pajata.
Il venerdì, giorno della morte di Nostro Signore è dedicato al digiuno; quindi non si può mangiare carne, così come la vigilia di Natale e Venerdì Santo. Allora si mangia pesce. Al digiuno del venerdì ci si prepara con una mangiata sostanziosa il giovedì: ecco che nasce quindi “giovedì gnocchi”. Ovviamente i ristoratori romani si sono adeguati velocemente a questa situazione ed hanno adeguato il loro menù nei diversi giorni della settimana alle prescrizioni cattoliche.
Non c’è trippa pe’ gatti.
La frase venne pronunciata da Ernesto Nathan sindaco ebreo di Roma dal 1907 al 1913.
A Roma in quel periodo c’erano un cospicuo numero di topi e la colonia di gatti veniva mantenuta allo scopo di eliminare i topi negli archivi comunali. Spesso i documenti venivano rosicchiati dai roditori e resi inutilizzabili. Il sindaco decise quindi, in un tempo di difficoltà per la città, di cancellare la voce di spesa relativa pronunciando la famosa frase “non c’è trippa pe’ gatti”. I gatti avrebbero dovuto cibarsi dei topi che cacciavano; e se non ci saranno più topi, vorrà dire che i gatti non serviranno più”.
I tagli della trippa
I tagli quindi si riferiscono ai diversi tagli di questa parte dell’animale; sono:
- Il rumine (deriva dal latino rumen che significa gola) è il primo e più grande (80% di tutto l’apparato digerente) per dimensioni dei prestomaci; è anche la parte più grassa e quindi saporita;
- Il reticolo (deriva dal latino reticulum, rete) è al contrario il più piccolo ed ha la forma che ricorda una cuffia; ha la consistenza spugnosa.
- L’omaso (deriva dal latino omasum, trippa di bue) è invece la parte più magra della trippa; la struttura di questa parte è lamellare;
- L’abomaso, infine (comp. del lat. ab «da» e omāsum: omaso; quindi dopo l’omaso): siamo arrivati allo stomaco dove avviene la vera e propria digestione. Il colore di questa parte è più scuro. Da questa parte si estrae il caglio, che serve per fare i formaggi. Con l’abomaso si fa il lampredotto a Firenze che si divide in due parti:
– gala: di colore scuro, di forma arricciata e più magra;
– spannocchia: di colore chiaro, di forma liscia e più magra.
CURIOSITA’
I tagli possono avere nomi diversi nelle diverse parti d’Italia. In Liguria per esempio si chiamano: cordone (il rumine), cuffia (il reticolo), centopelle (omaso), gruppu (l’abomaso), gola (l’esofago), castagnetta (la vagina) e riccetto (il tube di Falloppio). Ma in Campania, Emilia, Veneto… potete trovare termini diversi. Quindi di volta in volta…
I NOMI DELLA TRIPPA
Rumine, chiappa, croce, crocetta, doppione, larga (piemontese), pancia, panzone.
Articoli correllati
Vediamo ora alcuni articoli collegati a questo ingrediente. Se li volete tutti, usate la barra di ricerca del blog.