Il pesce azzurro è un alimento molto abbondante sulle tavole romane, impiegato nei finger food per il suo sapore molto intenso ma anche come secondo piatto. E’ stato a lungo sottovalutato rispetto al pesce bianco anche per questo motivo. Essendo molto abbondante costava poco, e quindi era un “cibo per poveri”. E’ economico, molto diffuso nel Mar Mediterraneo, e dovrebbe essere presente in ogni dieta; è fonte di salute ed ecologicamente sostenibile. Se non vi basta questo per sceglierlo non so proprio cosa vi servirebbe.
Perché si chiama pesce azzurro?
La caratteristica che fa dare il nome a questo tipo di pesce è la colorazione del dorso di azzurro, a volte verde, e del ventre di argento. E’ una descrizione molto bella e funzionale tipica dell’italiano e dello spagnolo ma non esiste o non è consolidata ad esempio in tedesco, francese o inglese dove si parla di oily fish (pesci oleosi) che sono quella categoria di pesci molto ricchi di grassi e quindi di omega 3 dove sono inclusi però, oltre al pesce azzurro anche altri pesci come il salmone.
Tipi di pesce azzurro
Vediamo ora un elenco non esaustivo delle specie di pesci azzurri più diffuse (le definizioni sono da Wikipedia per farvi vedere le caratteristiche dei pesci):
- aguglia (Belone belone): il più grasso di tutti, quindi ricchissimo di Omega3.
- anguilla (Anguilla anguilla)
- alaccia (Sardinella aurita)
- alice o acciuga (Engraulis encrasicholus)
- aringa (Clupea harengus) ottima da consumare cruda, previo accorgimento per anisakis
- cheppia (o gheppia) (alosa fallax): è un pesce di acqua dolce; può arrivare a 50 cm. di lunghezza.
- costardella (Scomberesox saurus)
- lampuga o corifena (Coryphaena hippurus)
- lanzardo (Scomber colias)
- palamita (sarda sarda): è come lo sgombro ma ha un sapore più deciso.
- sardina (Sardina pilchardus): ha un sapore molto deciso
Sardine
- sgombro (Scomber scombrus): pesce azzurro dalla carne scura.
- spratto o papalina (Sprattus sprattus)
- sciabola o spatola (Lepidopus caudatus)
- suro (o sugarello) (Trachurus trachurus)
- tonno (Thunnus)
ATTENZIONE ALL’ANISAKIS
In generale i pesci azzurri vanno soggetti ad ospitare un parassita di nome anisakis. E’ molto pericoloso per l’uomo e sarebbe un pessimo modo di lasciare questa valle di lacrime. Per evitare qualunque problema, se avete intenzione di consumare il pesce azzurro crudo o marinato.
Per evitare questo avete 3 alternative.
a) cuocerlo per non meno di un minuto ad una temperatura non inferiore a 60 gradi.
b) metterlo nel congelatore per 96 ore ad una temperatura a non meno di 20 gradi sottozero;
c) metterlo nell’abbattitore: per 24 ore a non meno di 35 gradi sottozero.
Il pesce azzurro in cucina
Il problema principale dell’uso del pesce azzurro in cucina è l’odore. In realtà si possono fare anche buonissime ricette che non prevedano la frittura di questo alimento. Ha di sicuro un sapore più marcato rispetto al pesce bianco ma questo può essere molto limitato con alcune preparazioni come la marinatura. Questa cuoce il pesce con l’acidità, e può essere fatta con diversi ingredienti: il limone, l’aceto o il più delicato arancio sono i più comuni.
Tuttavia il pesce azzurro potrebbe emanare cattivo odore. Infatti, a causa dell’alto contenuto di grassi polinsaturi è molto deperibile. E se puzza di pesce all’atto dell’acquisto, probabilmente è andato a male. Il pesce appena pescato, non puzza. Il pesce va giudicato oltre che dall’odore, dal ventre che deve essere compatto, dall’occhio lucido e dalle squame lucide, dalla carne elastica.
Il pesce azzurro si può mangiare tutto, testa e viscere comprese, per esempio arrostito. Ed avrà un sapore più amarognolo a causa della cistifellea che può essere rimossa, ma la vedo tosta. Mangiare anche la lisca è un bene perché ricca di calcio, ma deve essere tenera a sufficienza altrimenti rischiamo di ferire le mucose dell’apparato digerente.
La pelle non sono altro che proteine; bene quindi mangiarla. Ma nel caso di filetti grossi, si può togliere la pelle più esterna, che ne rende più difficile la masticazione a crudo. Praticamente si tira la pelle da un’estremità all’altra del filetto di pesce. In alternativa, se passate la fiamma di un accendino sulla pelle esterna del pesce, questa diventa croccante, senza cu0cere l’interno.
Così come si possono togliere le lische laterali dei pesci più grandi, come lo sgombro, anche aiutandosi con una pinzetta per sopracciglia.
Come pulire alici, sardine e pesci di piccole dimensioni
Anzitutto usate un paio di guanti da cucina. Le alici puzzano molto e se non volete stare mezzora a lavarvi le mani dopo, dovreste farlo. Tagliate la coda. Poi con un coltello la aprite a metà per il senso del lungo. Adesso estraete la lisca tutta assieme a partire dal fondo aiutandovi con un coltello se fosse necessario. La testa e la maggior parte delle viscere verranno via assieme alla lisca.
Il pesce azzurro nelle ricette romane
La ricetta cult degli antichi romani: il garum
Presso gli antichi romani, il pesce azzurro era abbastanza snobbato. Questo era dovuto al fatto che, essendo molto abbondante, e costando quindi meno del pesce bianco, non faceva status. Tuttavia c’era qualcosa che sulle tavole nei nobili non poteva assolutamente mancare: il garum. In pratica questa ricetta era quello che sono oggi maionese e ketchup, che si mettono ovunque.
La base di questa ricetta è descritta da Plinio, ed è rappresentata dal pesce azzurro. Tuttavia nessuno sa la sua composizione, nè la precisa preparazione. Il motivo è dovuto al fatto che gli ingredienti erano variabili, così come la procedura di preparazione, in funzione del risultato che si voleva ottenere.
A raccontare questa ricetta direi che fa un po’ schifo. In generale l’ingrediente principale erano le interiora del pesce azzurro. Queste venivano messe sotto sale e lasciate in apposito recipiente per un periodo variabile di tempo (da pochi giorni e diverse settimane, in funzione del risultato che si voleva ottenere). In questo periodo venivano periodicamente smucinate, come diciamo a Roma. Poi le interiora venivano passate dentro un setaccio, per ottenere un liquido dal colore intenso, dall’odore nauseabondo (e ce credo), e dal sapore molto pungente (logico visto che era un concentrato). Diciamo che come consistenza ed intensità dell’odore, si può prendere come esempio la pasta d’acciughe. Per ovviare a questo veniva usato in modiche quantità spesso come sostituto del sale su funghi, uova e carne, e si faceva accompagnare da altre cose molto dolci, come il miele ed il mosto. La variante più cara era anche quella più scura che assumeva quel colore perché conteneva sangue di tonno e si chiamava “flos floris”.
L’uso del garum è durato fino al tardo Medioevo per un motivo molto semplice. Aveva la caratteristica di sposarsi molto bene con i piatti a base di carne. Presso i barbari, tedeschi e francesi la carne era fondamentale; la mangiavano a colazione, pranzo e cena, ed era simbolo di forza. Con il passare del tempo però il suo uso è andato diminuendo. Ad oggi, la ricetta più somigliante di cui si ha notizia pare sia una salsa vietnamita di nome Nuoc-mam.
Vogliate scusarmi ma non riprodurrò questa ricetta, sono una persona facilmente impressionabile.
Tuttavia sono diverse le ricette sia come primi piatti sia come secondi che coinvolgono il pesce azzurro.
Come primo abbiamo per esempio la pasta aglio olio e peperoncino nella variante con alici, mentre come secondo il tortino di alici ed indivia.
Entrambe le ricette sono piccanti come nella tradizione romana.
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